Z E B I O  C Ò T A L
Covili legge nel 1973 il romanzo di Guido Cavani e decide di illustrarlo con 32 opere, oggi appartenenti alla collezione Giovannini e destinate a costituire un'esposizione permanente nel villaggio di Pazzano. Campi accidentati, fatica cieca, una semplicità brutale senza ombra di riscatto.

GINO COVILI - Se mi picchiate ancora lo adopero, 1973
GINO COVILI - Il campo di Zebio Còtal...bisognava dissodarlo a copli di zappa, 1973
GINO COVILI - Faceva caldo, 1973
GINO COVILI - Perché piangi? - gridò Zebio. - Non ne hai abbastanza di quelli che sono qui, per pensare a quello che è via e che sta bene?, 1973
GINO COVILI - Sono venuto per farmi leggere una lettera, se ha tempo, 1973
GINO COVILI - Rientrò in casa bestemmiando e cominciò a dar pugni sul tavolo, 1973
GINO COVILI - Si era messo le mani in tasca; aveva dei guizzi repentini in tutto il corpo e dimenava stranamente la testa, 1973
GINO COVILI - Zebio fece l'atto di andarsene. La rabbia che aveva nel sangue non trovava una via d'uscita, 1973
GINO COVILI - Il vino, come al solito, lo tradiva, togliendogli il senso della realtà, 1973
GINO COVILI - Gli sterpi e le spine delle more selvatiche gli parvero tante mani che volessero trattenerlo, 1973
GINO COVILI - Addio, mamma! Gridò il ragazzo avviandosi, senza più voltarsi indietro. Placida non riuscì a rispondere; fece solo un cenno d'addio con la mano, 1973
GINO COVILI - Il paese meriggiava preso dalla sonnolenza, 1973
GINO COVILI - Zebio s'avviò verso il mercato del bestiame, 1973
GINO COVILI - La sedia su cui stava seduto Zebio scricchiolò sinistramente, 1973
GINO COVILI - Bevete - disse Diriego per fargli coraggio. Zebio prese il bicchiere con la mano che tremava e bevve due o tre sorsi con una smorfia amara della bocca, 1973
GINO COVILI - Vi deve restare sullo stomaco quel frumento - gridò Zebio incamminandosi per il viottolo, 1973
GINO COVILI - Vorresti solo che me ne andassi - grugnì - però, secondo i miei calcoli, se c'è una persona che se ne deve andare da questa casa, sarai tu. Lo so, e forse prima di quello che pensi, 1973
GINO COVILI - Un parlottare sommesso di donne intente ai loro lavori, 1973
GINO COVILI - Scartò subito l'idea di andare a casa e s'avviò verso Serra, col passo lento di chi non deve andare in nessun luogo..., 1973
GINO COVILI - Zebio scese in mezzo ai carabinieri senza guardare in faccia nessuno, 1973
GINO COVILI - Si lasciò cadere su di una sedia, vicino ad un tavolo, 1973
GINO COVILI - Ragazzo, ascoltami; è la prima volta che ti parlo apertamente, 1973
GINO COVILI - Glizia si sentì stringere il cuore come da una morsa... Aveva il pianto che le stringeva la gola, 1973
GINO COVILI - Bisogna che vi accontentiate della legnaia, 1973
GINO COVILI - La barba gli toccava il petto: la testa sembrava quella di un santo, ma gli occhi erano quelli di un demonio, 1973
GINO COVILI - Camminarono per un bel poco di tempo uno a fianco all'altro in silenzio, 1973
GINO COVILI - Zebio viandante. Un sole quasi primaverile illuminava un'ampia vallata perlacea,... circondata da alte montagne turchine, 1973
GINO COVILI - La locanda della Colomba dove era andata a servire Glizia, 1973
GINO COVILI - Improvvisamente, vide contro i vetri appannati... un'ombra nera ed informe che cercava di entrare, 1973
GINO COVILI - Nel volto rugoso coperto di una barbaccia grigia, luccicavano due piccoli occhi febbricitanti, 1973
GINO COVILI - Un povero non sa mai dove va, 1973
GINO COVILI - Il freddo lo vinceva lentamente; si accorse che le mani rattrappite non stringevano più le corde, 1973




Nei personaggi, ambienti, paesaggi del romanzo Covili avrà sentito immediatamente un'aria di casa, tanto stimolante da pensare subito a una loro "reinvenzione" figurativa. Così dev'essere stato concepito il "ciclo" tratto da Zebio Còtal.

Non so se Covili, quando si è messo a buttar giù i primi schizzi dedicati a Zebio Còtal, avesse già in mente un progetto complessivo ben definito, che in seguito, preso da lavori più impegnativi e di maggiore rilevanza, sia stato ridimensionato e archiviato nella cartella da cui è partito il mio discorso. Ad ogni modo non si può parlare di frammenti casuali: le 32 opere riposte nella cartella, pur con modalità e tecniche diverse (ma questo si può dire anche per tutti gli altri cicli coviliani), mostrano un percorso coerente, che abbraccia tutto il romanzo.

Credo che la vera conclusione Covili abbia voluto darcela con Un povero non sa mai dove va, la tavola più bella, a mio parere, di tutto il ciclo, presentandoci uno Zebio "totale", che porta sul volto i segni della sua vita violenta e disgraziata, ma ormai trasformati (o sublimati), per una specie di dolorosa catarsi, in rassegnata umanissima malinconia.

Werther Romani