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Il cacciatore di Covili erompe dalla terra. Esce da un buco nero che è come la bocca di un antro. Si colloca in un mondo dallo sfondo viola, immaginario. Ma la sua presenza non è metafisica. Egli è reale, plastico come un personaggio di Coubert. Va giudicato qui: hic et nunc. E tutta la sua storia, fatta di lupi e di rocce, di volpi e di lune, di arbusti e dirupi, di stupori e paure si colloca sul profilo dei nostri monti, nelle magie delle antiche storie contadine, nella pelle degli uomini forti che hanno arato i nostri solchi e cantano sulle nostre aie.
Il cacciatore è peloso, ispido. È scorza di albero più che polpa di legno. Con il mondo ha un doppio rapporto, a volte è dominatore, padrone, regale; talaltra è spaurito, inquieto, pensoso. Sa che la natura non fa sconti, è leggibile ma anche misteriosa.
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