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Pago finalmente, con la pubblicazione di questo libro, una sorta di debito verso me stesso, realizzando un desiderio che vagheggiavo da tanti anni. Perché Gino Covili è uno degli artisti che più hanno affascinato la mia giovinezza. Ciò che mi impressionava delle sue opere erano le dimensioni madornali e la violenza inusitata dei soggetti: favole cattive popolate di orchi pelosi, di megere irsute, di denti digrignanti, di occhi sbarrati. Ci leggevo una frammentaria e potente Iliade contadina nata dal pennello di un Omero rurale; e una delle idee che mi vennero allora era proprio di chiedere a Covili di illustrare per me l'Iliade. Chi meglio di lui avrebbe potuto far rivivere il sapore terragno, l'epos gutturale di quell'interminabile, testarda guerra di rozzi eroi dell'Ellade pastorale e agreste? Poi, come capita spesso, mi lasciai distrarre da interessi diversi; ma nel mio subconscio rimaneva sempre una voglia insoddisfatta di brutalità, di semplicità primordiale. E semplici come la vita dei contadini sono le immagini di questo libro, in cui scopriamo un Covili completamente diverso, che all'epica e al frastuono cromatico ha sostituito il disegno delicato della matita, con cui tratteggia vedute del suo paese natale. |
È una poesia di tegoli, di muri sbrecciati, di panni stesi, di vicoli fangosi, di silenzi e sussurri; un piccolo mondo antico fra i cui ingenui incantesimi ormai scomparsi ci inoltriamo in punta di piedi, tutti noi che amiamo Gino Covili, per augurargli buon compleanno.
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